Di padre in figlio

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Sergio Treglia

Qualche giorno fa è venuto a trovarmi allo show room una famiglia. Abbracci, strette di mano e la più classica delle domanda: Come sono andate le feste?

Avevo messo in conto una serie di parole chiave: riposo, abbuffata, brindisi, parenti, ma sono stato completamente rapito dal racconto di Simone, un ragazzino poco più che quattordicenne che, mi ha raccontato una storia che non posso non condividere. Ho promesso a Simone che l’avrei riportata integralmente sul mio blog personale, così da leggerla e sorridere ogni volta. Spero di non omettere alcun particolare…

«Se c’è una cosa che mi piace delle feste natalizie è che il tempo si dilata a dismisura. Pranzi che durano ore, serate che sembrano non finire mai. Frazioni di pomeriggio riempite spiluccando qualcosa oppure giocando con amici e parenti che si vedono sempre troppo poco. Tombola, mercante in fiera per gli amanti delle tradizioni, “FIFA 18” per PS4 per chi, come me, preferisce la tecnologia.

Mio padre accetta di sfidarmi, pur sapendo bene che avrebbe rimediato una figuraccia. Prendiamo posto in salotto davanti al televisore. Io sul mio pouf small grigio, papà su quello xxl color blu navy. Entrambi scelti da mamma, per ragioni estetiche, ma con il nostro ok. Ci bastava stare comodi e avere un prodotto a marchio SSC Napoli.

Ed è chiaramente il Napoli la squadra che seleziono io, suggerendo a papà di scegliere una squadra forte, anzi fortissima, così da tenermi testa almeno un tempo. Barça, Real Madrid o magari il Manchester City di Guardiola, particolarmente forte in questa edizione del gioco. Niente. Fa di testa sua e si affida al Milan. “Ai miei tempi” dice “era uno squadrone”. Sarà stato pure vero, ma il Milan degli anni ’80 non è neanche lontanamente paragonabile a quello tra le sue mani, una squadra troppo facile da battere, e non per colpa della rosa a disposizione. Terzo minuto di gioco, Hamsik crossa dalla sinistra e Mertens, con un destro secco, fredda Donnarumma in diagonale. «Uno a zero» urlo io, mentre papà affonda nel pouf per l’imbarazzo. “Tranquillo, adesso pareggio” mi ripete ma, neanche un minuto dopo, Allan segna il 2 a 0 su lancio di Jorginho. Mi alzo e ballo sul posto, mentre i miei calciatori esultano in campo. Papà corre ai ripari, preme il tasto pausa e cambia in corsa la formazione, passando a un modulo spregiudicato che ha come primo effetto il terzo gol del Napoli, con Callejon. Finisce il primo tempo. Io me la rido senza esagerare, papà si traveste da allenatore esperto e comincia a parlare di cambi, avanzamento dei centrocampisti. Si ricomincia, ma la musica è sempre la stessa. Io che segno a raffica, papà che le prova tutte per distogliermi dall’obiettivo di realizzare un altro gol. Mi fermo a 7 a 0 colto da pietà. Hanno segnato pure Rog, Insigne, di nuovo Callejone e Milik, entrato nel finale. Mamma richiama papà in cucina per il caffè. Lui si alza, la testa incassata nelle spalle. “Comodi ‘sti pouf, vero?” chiede, cercando di cambiare discorso. “Sì, papà” rido io “davvero un gran bel regalo mi avete fatto”. Resto solo e gioco contro il computer. Chissà che non sia un po’ più competitivo».

Mi ha chiesto di sfidarlo, Simone, ai videogiochi. Chissà che prima o poi non ci si trovi uno di fronte l’altro per affrontarci a suon di gol.

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